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MEDITERRANEO di Giovanni Rossi Filangieri

Avete mai pensato perchè il mare unisce così tanto le persone? In passato questo era scontato,come scontato era che le genti che vivevano sulle rive del mediterraneo potessero dare vita a civiltà più avanzate e molto interessanti; penso a quella minoica,greca,punica,fenicia,ai coraggiosi coloni Greci che approdarono in Sicilia (la Magna Grecia), Campania (Napoli è greca nelle origini e nelle tradizioni, bene lo sapevano i patrizi romani e alcuni imperatori, come Nerone, che ne ammiravano la raffinatezza e gli usi) ed a Ischia (pythecusa). Anche Roma deve la sua fortuna in parte alla sua grande flotta.Oggi che il traffico privilegiato è quello aereo,su ferro e gomma,in un mondo che va sempre più di fretta e che guarda solo avanti,l’”Arrivo”, perdendo il senso delle cose, del viaggio, della conquista, il mare costituisce solo necessario viatico da attraversare anch’esso il più in fretta possibile:con potenti aliscafi con tanto di condizionatore. Eppure il mare continua a costituire un denominatore fortissimo. La gente di mare la si riconosce subito. Non ha fretta, prende il traghetto e sta sul ponte a scrutare il mare sperando di vedere i delfini o ad annusare il vento.Usa barche sicure e marine invece di potenti offshore.Si considera cittadina del mondo e chiama “fratello” il tunisino come il norvegese. Ancora oggi un marinaio è un marinaio, un subacqueo è un subacqueo da qualunque parte venga o dimori. E se viene da lontano è accolto come solo i greci sapevano accogliere uno straniero,gli si chiede della sua terra e delle sue cose lontane. Pensate bene ad una cosa: il mare non ha confini certi, erode, cambia il profilo delle coste, non lo puoi ingabbiare e non lo puoi catalogare. E’un onda liquida che trasmette vibrazioni impercettibili ma che tutti possono ascoltare, è un mondo in cui tutti possono entrare ed essere liberi, che trasmette sensazioni che nemmeno la vista può percepire. Il Mediterraneo è in assoluto il mare che più regala emozioni senza tempo; mare stratificato come molti lo hanno definito. Mare senza tempo potremmo dire dove nuove tradizioni si confondono con antichissime usanze che si perdono nella notte dell’uomo. In Calabria, nello stretto, i pescatori dello spada tracciano una croce sulla guancia del pesce vinto: “a Cruci” la chiamano. Non è una stupida superstizione ma un atto di amore e di ringraziamento per il pesce vinto, che non è solo una preda da sgozzare, un animale da sfruttare commercialmente: è un compagno, un amico che sfamerà il pescatore e la sua famiglia ed al quale viene tributato un omaggio. Quella croce vuol dire: siamo fratelli nel gioco della vita. Le tradizioni della tonnara mischiano strani riti, il cui evidente sincretismo religioso stupisce o fa sorridere chi non ne capisce il valore.Il capo si chiama Rais,il loro canto è la scialoma, parole dalle evidenti origini arabe; nelle reti viene gettata la statua di un santo che assicurerà l’arrivo dei tonni. L’atto estremo, finale, violento si chiama “mattanza”, dall’iberico matar, uccidere. In alcuni paesi della bassa Calabria si celebra un rito che ha eguali in alcuni paesi dell’oriente: si lasciano andare in mare tante barchette con sopra lumini votivi. L’intento antico è chiaro: un sacrificio alle divinità oscure del mare, a quei gorghi che tra Scilla e Cariddi hanno fatto strage di marinai. Le divinità rimarranno ingannate, nella loro cieca furia si sazieranno dei lumini risparmiando le barche che all’imbrunire prenderanno il largo con le loro lampare. Altri strani riti sopravvivono come un legame forte ed invisibile che ancora lega presente e passato, che resiste “al nuovo che avanza”, a quelli che vorrebbero cancellare ogni identità e fare del mondo un enorme McDonald. La “dragunara”, rito antichissimo con il quale le donne tentavano di “tagliare” la tromba marina che minacciava le loro case e le barche dei loro uomini in mare. Impugnando coltelli sulla spiaggia le donne “sciabulianu u celo”(sciabolano il cielo) recitando l’antica formula del cuda e ratto: “lunedì est santu, martedì est santu, mercoldì est santu, giovedì est santu, venerdì est santu, sabato est santu, domenica è di pasqua cuda di ratto casca”. Un altra formula dice “sapienza, potenza, virtù di Maria: taglia questa treccia che viene sopra di me. Nel tuo nome santo (segno della croce)”. Infine: provate a mettere del corallo rosso sul letto di un corallaro se volete vedere il finimondo.
Una commistione di credenze, riti, lingue diverse, culture diverse, che hanno convissuto e si sono fuse sulle rive del mediterraneo in millenni di storia ci insegnano, tolleranza e fratellanza, amore per la vita comunque si manifesti, interesse per le tradizioni ed i costumi degli altri che a ben guardare poi si assomigliano tutti pur nella diversità. Che sia U rattu oppure il Maelstrom, il Meltemi oppure la Bora che importa: veniamo tutti dal mare e il mare ci nutre l’anima. Sul minuscolo scoglio del Vervece, un miglio fuori del porto di Marina della Lobra ci sono targhe provenienti da ogni parte del mondo infisse nella roccia a ricordare le persone scomparse in mare; una in particolare a cui sono affezionato dice molto semplicemente: ”Al Sub che perse la vita in mare”.

 

 

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